Dopo quattro anni d’indicibile travaglio – e con l’accordo di uscita targato Boris Johnson approvato da Westminster, ratificato dalla monarca e controfirmato da Bruxelles – ecco improvvisamente scoccare l’ora Brexit.
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Cronaca postuma di una catastrofe II
Queste sono state elezioni politiche solo sulla carta. In realtà erano il secondo referendum, tanto invocato dalle élite liberal cosmo-metropolitane. Che è stato perduto come e peggio del primo, riaffermando la volontà del leave nel modo più netto possibile.
Ore diurne
Oggi seggi aperti dalle sette del mattino, lo rimarranno fino alle ventidue. Si vota per decidere il governo dei prossimi cinque anni, che dovrebbe decidere se completare la British Exit a targa Tory. Si sfidano le intemperie invernali per la prima volta da novantasette anni, di solito si preferisce votare in primavera. Ma è l’inverno della democrazia, in Gran Bretagna come quasi ovunque.
Get Brexit Dumb
Il Regno Unito si trova a poche settimane dal quinto appuntamento elettorale in un decennio (senza contare i due delle europee) e due referendum, quello scozzese e quello, famigerato, sulla British Exit. Dopo mille tentativi, Boris Johnson non è riuscito a farsi approvare dal parlamento l’accordo che dovrebbe sancire l’uscita dall’Ue.
Andata al passato
La campagna per le politiche anticipate del prossimo 12 dicembre è ufficialmente partita ieri dopo esserlo stata ufficiosamente da settimane, se non da mesi. Premier da novanta giorni – ieri usciva dalla porta girevole di Downing Street senza sapere se vi farà ritorno – e già ex, quello di Boris Johnson non poteva essere debutto elettorale meno propizio. Bersagliato da una pioggia di tegole mediatiche, ieri è andato dalla sovrana come vuole la consuetudine dello scioglimento del parlamento.
Da che parte stare
Alleluja. Si vota il 12 dicembre, giusto il quinto pellegrinaggio alle urne, fra elezioni e referendum, in cinque anni: sei settimane di campagna elettorale.
La Corte Superna
Suprema corte, verdetto supremo. La sospensione (prorogation) del parlamento di Boris Johnson è «illegale, nulla e priva di effetto».
Brexit? In fondo al molo di Wigan
Capire Brexit? Vaste programme, avrebbe risposto Charles de Gaulle. Proprio lui, che nel 1967 pose il veto al primo tentativo della Gran Bretagna di entrare nell’Ue 1.0, allora nota come Mercato Comune Europeo. Sì perché, quando si tratta di British Exit, comprendere è ormai una velleità.
Le urne dei deboli
Ieri è stata la prima giornata di lavori parlamentari dopo la pausa estiva e l’inizio della prova costumi delle elezioni anticipate. Questa sarà la settimana della resa dei conti fra le due unioni (europea e britannica), fra leave e remain, governo e parlamento.
Take back Dominic Cummings
Ben consapevole di aver attizzato un rogo civile e costituzionale con la decisione di sospendere il parlamento, per Boris Johnson ormai non c’è ritorno. Ma il terreno cedevole sul quale poggia questa sua sparata diventa visibile con il passare delle ore.