Ieri sera il megalitico entourage paramilitare di Donald Trump e consorte atterrava a Stansted – aeroporto dell’Essex, hub di Ryanair – per poi raggiungere via elicottero la residenza dell’ambasciatore Usa a Regent’s Park. È una visita di tre giorni in un paese lacerato da Brexit a dieci giorni dalle elezioni. Il terzo avvento trumpiano nell’ex madrepatria ha lo scopo principale di celebrare l’anniversario della Nato, l’alleanza militare più vasta e potente della storia, di cui oggi fanno parte ventotto stati. Che compie 70 anni e li dimostra tutti, ma è pronta a proiettarsi in una nuova dimensione da militarizzare, lo spazio, e a chiedere più fondi nei bilanci della difesa dei Paesi Ue.
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Il Milite IgNATO II
Uno per tutti, tutti per uno. Con quest’esausta citazione di Dumas Boris Johnson, padrone di casa del summit celebrativo dei 70 anni dell’alleanza atlantica, tenutosi prima a Londra e poi in un albergone per golfisti nel verde Hertfordshire, ha ribadito l’unità del consesso chiudendone i lavori.
Brexistentialism

Come la più coriacea delle amazzoni, Theresa May resta in sella. Il summit governativo della settimana scorsa, la prima vera resa dei conti politica nello psicodramma brexitstenzialista che attanaglia la Gran Bretagna da ormai due anni, ha prodotto le ultime due defezioni in un governo dove ormai i dicasteri hanno porte girevoli.
Cartellini russi

Una settimana per fare le valigie. Foglio di via per ventitré diplomatici russi – si legga spie, mai così tante dagli anni Settanta – e nessun reale o dignitario ai mondiali di Mosca della prossima estate. Non la nazionale inglese però, almeno non ancora.
Doppi giochi pericolosi
La spy story targata Le Carré, ideale per peggiorare dei già disastrosi rapporti diplomatici fra Londra e Mosca, comincia domenica sera.
Scary Movie
La special relationship è viva e vegeta, lo dimostrano le foto di Theresa May e Donald Trump vicino al busto di Churchill, restituito alla sua legittima postazione nello studio ovale dopo che Obama lo aveva “irrispettosamente” dirottato altrove.
Skyfool
L’unico indizio di questo inverno dall’abnorme mitezza sono i venti della guerra fredda, tornati prepotentemente a soffiare fra est e ovest. Dopo gli attriti in Ucraina e sull’intervento militare russo in Siria, le relazioni fra Londra e Mosca — con il potere giudiziario della prima che accusa di probabile omicidio il presidente della seconda – permangono congelati in un mutuo e riluttante abbraccio di realpolitik.
Spai Gheims
All’indomani delle telluriche accuse alla Russia di Putin e a quest’ultimo scaturite dagli esiti della pubblica inchiesta sulla morte di Aleksander Litvinenko, l’agente dell’intelligence russa Fsb poi divenuto informatore del Mi6, i servizi segreti britannici, i quotidiani nazionali, dal centrosinistra del Guardian al centrodestra del Telegraph sono uniti nello sdegno e nel reclamare un piede più fermo da parte di David Cameron nei confronti del Cremlino. Che, dal canto suo, per bocca del portavoce Dmitri Peskov, ha replicato sarcasticamente, definendo gli esiti della pubblica inchiesta condotta dal giudice Owen «un esempio di humour britannico».
Il Putin delle spie
L’affaire Litvinenko, una di quelle vicende spionistiche capaci di mandare in prepensionamento autori di spy stories del calibro di Le Carré, dopo dieci anni ha finalmente raggiunto un climax giudiziario: la lunga inchiesta, pubblica, sulla morte della spia russa, avvenuta in un albergo londinese per avvelenamento di polonio-210, si è conclusa con l’accertamento «probabile» della responsabilità di Vladimir Putin come mandante.