Thermopylae blues

Non preoccupatevi per 300: sarà pericoloso, ma fa soprattutto ridere.

Avrei volentieri steso il metaforico velo pietoso sulla questione se 300, il film che Leni Riefenstahl avrebbe diretto volentieri se avesse fatto un corso accelerato alla Microsoft, vada preso sul serio o meno. E, in tutta sincerità, per un momento l’ho fatto: prima di vedere il film, appena uscita la notizia che in Iran stava scatenando la prevedibile reazione non esattamente filosionista. In fondo se i film sono lo specchio della cultura contemporanea, non è forse Hollywood quello della cultura americana contemporanea? Perché trincerarsi dietro il simulacro della fantasia (“è un film fantastico, non va connesso alla realtà”)? Poi l’ho visto. Il primo pensiero è stato che fosse la versione losangelina del film di Guzzanti, Fascisti su Marte, solo con molto software in più e ironia in meno. Solo dopo ho capito che 300 è, in realtà, nonostante il cybergrand-guignol, un film completamente comico.

La cosa che scrissi su 300 quando uscì, nel 2007, nel blog che fu di Rockstar.

(for Gigio’s eyes only)

FASCISTI SU SPARTA

Avrei volentieri steso il metaforico velo pietoso sulla questione se 300, il film che Leni Riefenstahl avrebbe diretto volentieri se avesse fatto un corso accelerato alla Microsoft, vada preso sul serio o meno. E, in tutta sincerità, per un momento l’ho fatto: prima di vedere il film, appena uscita la notizia che in Iran stava scatenando la prevedibile reazione non esattamente filosionista. In fondo se i film sono lo specchio della cultura contemporanea, non è forse Hollywood quello della cultura americana contemporanea? Perché trincerarsi dietro il simulacro della fantasia (“è un film fantastico, non va connesso alla realtà”)? Poi l’ho visto. Il primo pensiero è stato che fosse la versione losangelina del film di Guzzanti, Fascisti su Marte, solo con molto software in più e ironia in meno. Solo dopo ho capito che 300 è, in realtà, nonostante il cybergrand-guignol, un film completamente comico.

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L’importante è vincere la guerra

Posso davvero scrivere del fatto che i Battles in concerto mi hanno sonoramente deluso mentre in Egitto si è riattizzato un sanguinoso incendio, Bangkok è sommersa dall’acqua, la Siria è a un passo dalla deflagrazione, la democrazia in Europa è più bloccata che ai tempi della Scuola di Francoforte, tutto il sistema economico nel quale siamo nati e cresciuti trema dalle fondamenta, le calotte polari si sciolgono per il calore del debito, a Londra si sta in felpa a fine novembre, Monti ha rispolverato sobrie auto italiane a differenza delle Audi da pusher del governo precedente, in Uk il governo della Big [Mac] Society ha venduto a Richard Branson la Northern Rock (la banca che ha ripercosso nel paese il crollo dei subprime proveniente dagli Usa) facendo pagare la differenza ai contribuenti, ma soprattutto i mercati non aspettano? Forse.

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Get angry and stop

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Mario Monti cuts a striking figure in the new Italian parliament. He and his acolytes seem like an abrupt epiphany of asceticism, measure and style on a stage until now populated by sad commedia dell’arte characters.

It is a weird mix of feelings to see the old Democrazia Cristiana miraculously rising from its pre-tangentopoli ashes and slowly reclaiming its territory. It is the rétour eternel of italian politics, the reshuffle, reinvention, resuscitation of the good old Centre. But trust me: it is a huge relief to see that, eventually, the ludicrous bandwagon the old Italian government ended up becoming has finally gone. It a relief that largely outdoes the retrospect anger at what their (the DC’s) regime did cost to the country since the birth of the Republic.

We don’t know if this is the beginning of the Third Republic, (a terminology evoking ruthless comparisons with the French original), and frankly at this stage it does not sound particularly important, either. It is the end of politics. Not as a concept, or as a strategy: we all know too well that there is no such things as “apolitical”, or a 100% technical. But as something operating a possible dialectical mediation between “the Markets” and the rest of the complexity of the human horizon. It is interesting to observe how, in time of crisis, capitalism deploys his paratroopers, the bankers, at the helm of sovereign countries that are about to collapse under the weight of the neoliberal edifice they had been cemented into. It is a more straightforward measure that the one previously implemented, that is, the one that entails operating via a network of influences and by lobbying.

During the Blitz, here in the Uk there was the slogan “Keep calm and carry on” conceived with the intent of, supposedly, boosting the morale of the heavily bombed British and London populations. I think it would sound entirely inappropriate for present-day Italy. What we need is more something like “Get angry and stop”.

Technocratic Manipulators

Il pezzo non è niente di che (quite terrible, actually), il testo peggio, il titolo l’ho sempre trovato di una naiveté disarmante. Pare impossibile ritrovarselo a descrivere il nuovo governo odontotecnico della Repubblica.

(“Technocratic Manipulators” – Voivod – Dimension Hatröss – 1988)

Replica

Qualcosa che possa sottrarti al drammatico imperativo del qui ed ora; che sia in grado di occupare lo spazio inafferrabile fra ruvido e carezzevole, stimolo e conferma, interrogativi e risposte; con una straordinaria title-track capace di sostenere lo sguardo della grande tradizione del Novecento jazzistico senza esserne accecata: quest’album, appunto.

Oneohtrix Point Never – Replica (Mexican Summer 2011)