Uno per tutti, tutti per uno. Con quest’esausta citazione di Dumas Boris Johnson, padrone di casa del summit celebrativo dei 70 anni dell’alleanza atlantica, tenutosi prima a Londra e poi in un albergone per golfisti nel verde Hertfordshire, ha ribadito l’unità del consesso chiudendone i lavori.
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Bendare il panopticon. Colloquio con Evgeny Morozov
Quello di Evgeny Morozov è uno dei cervelli più attenti e lucidi nell’indicare le trappole di quell’ex eldorado che è la rete. È da almeno un decennio che ammonisce i grulli e i fanatici dello scientismo informatico, ormai in preoccupante crisi demografica anche nell’universo neoliberale. Lungi dal rappresentare la panacea a tutti i malanni del presente, Internet si è ben presto trasformata in un colossale panopticon, una macchina (privata) per la sorveglianza dei consumi e per i consumi, che usa i big data come carburante, mentre noi utenti assistevamo con espressione tra l’ebete e il rapito alla metamorfosi, stringendo nelle mani sudate la biografia di Steve Jobs. Continua a leggere “Bendare il panopticon. Colloquio con Evgeny Morozov”
Don’t be evil (but a little upskirting, every now and then, is in order)
Solidarietà con i compagni di Google in sciopero, da anni già impegnati per la lotta alle disuguaglianze e per la salvaguardia del diritto del lavoro.
Completamente trasecolato nell’apprendere che casi di molestie sessuali, discriminazione razziale e altre delizie che credevamo limitate al resto dell’intera umanità in quanto fenomeno del passato, ormai debellate dalla democrazia liberale e dalla virtualizzazione dell’economia (assieme naturalmente alle sperequazioni sociali), perdurino in questa fantastica azienda, un modello per ogni società che abbia a cuore lo sviluppo armonioso dell’individuo.
Nessuno interrompa la trasformazione della società in azienda di cui questa luminosa impresa è simbolo fatto carne.
The digital mess we’re in
Political Turbulence: How Social Media Shape Collective Action, by Helen Margetts, Peter John, Scott Hale and Taha Yasseri. Princeton University Press. 304pp. £19.95.
Whenever asked to comment on contemporary events, it’s usually historians, rather than social scientists, who tend to suffer from what one might call an epistemological twitch: they strive to demonstrate that what is happening now has already – mutatis mutandis and with all the specificities of the epoch – happened before. A good part of their intellectual prowess is devoted to uncover this sometimes uncomfortable truth, so effectively camouflaged under the patina of the ‘new’. This has a collateral effect: the
underlying, unobserved assumption that – whatever the phenomenon being analysed – its deceitful novelty is bound to beach like an agonising whale onto the ever-suspect, ideological shores of ‘it’s always been like this’, or, ‘it happened before’.
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Un panda di nome Bbc
È la televisione pubblica più grande e migliore del mondo, riconoscibile dall’acronimo – Bbc – forse più noto dopo “Usa”. Il motto Inform, educate, entertain del suo fondatore Lord Reith, nel 1922, fa da eco novecentesca al Liberté, égalité, fraternité francese rivoluzionario: un modello all’epoca in cui la televisione pubblica informando formava, e di cui è inutile avere nostagia. Ma le notizie, i reportage esclusivi, i documentari esemplari ne fanno ancora il gold standard della teleprofessionalità, una bussola per tutti i giornalisti del globo. E tutto senza pubblicità.
L’erede al traino
Siliciocrazia
Altre riflessioni sparse sul nesso fra millenarismo digitale milanese e minimalismo elettronico nipponico.