L’antiretore

L’atteso discorso di Jeremy Cor­byn alla pla­tea del con­gresso nell’anno zero del par­tito è stato final­mente pro­nun­ciato. Atteso, e quanto: non solo per via della pre­senza ancora un po’ irreale su quel podio di una figura fino a ieri ignota ai più e ora al comando di una delle macchine-partito più vaste e com­plesse d’Europa; ma soprat­tutto per­ché doveva legit­ti­mare il ruolo del lea­der e mostrare la com­pat­tezza die­tro di lui.

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La scacchiera del cancelliere

Dipinto com’era — nel migliore dei casi come gelido Appa­rat­chik esperto di dop­piezza e nel peg­giore come un bom­ba­rolo filo-insurrezionalista -, la scelta di Jeremy Cor­byn di affi­dare il dica­stero ombra delle finanze (Can­cel­liere dello Scac­chiere) a uno come John McDon­nell è stata una­ni­me­mente con­si­de­rata dai com­men­ta­tori come un segno di debo­lezza del segre­ta­rio nei con­fronti del cieco demone radi­cale impos­ses­sa­tosi del Labour.

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Labour Party anno zero

A poco di più di due set­ti­mane dall’elezione tel­lu­rica che ha fatto pre­ci­pi­tare la lea­der­ship del par­tito labu­ri­sta nel grembo di Jeremy Cor­byn, si è aperto ieri a Brighton l’annuale con­gresso del par­tito. Si con­clu­derà mercoledì.

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Corbyn la gazzella

Nella savana di West­min­ster, ogni giorno Jeremy Cor­byn si sve­glia e comin­cia a cor­rere per affron­tare il suo «momento della verità» quo­ti­diano. Quello cioè in cui, da vero eroe, par­te­ci­pando a una delle infi­nite ceri­mo­nie uffi­ciali dov’è pre­vi­sta la pre­senza del lea­der dell’opposizione di sua Mae­stà, deve pie­garsi a una ritua­lità la cui abo­li­zione, riforma o supe­ra­mento erano tra le cause del suo ingresso in poli­tica. Tale è il para­dosso poli­tico della sto­ria pre­sente del Labour party.

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God Shave the Queen

650

Jeremy Corbyn, l’internazionalista, ovviamente non riesce a cantare le impronunciabili strofe dell’inno nazionale, sorta di glorificazione musicale delle peggiori porcherie compiute da un popolo nel nome della propria presunta superiorità (vale per i britannici ma anche per qualsiasi altro inno nazionale europeo). E la stampa, moderata e non, gli è naturalmente saltata quasi tutta addosso.

C’è un particolare piacere nell’assistere a queste piazzate isteriche. È la prima volta che, finito quasi per sbaglio in posti chiave, improvvisamente qualcuno usa un linguaggio del tutto alieno, proveniente da una galassia lontana milioni di anni luce dalle ridicole e decrepite parrucche dell’establishment. Uno che non dice – e non canta – le solite cazzate. Che anche duri poco, ne valeva urgentemente la pena.

L’ineleggibile

Un Jeremy Cor­byn si aggira per West­min­ster. È ancora lui, solo non è più lui. È rima­sto lo stesso: bona­rio e tra­san­dato, vestito uguale da trent’anni, uno che lo schermo non lo buca, lo mura; uno in bianco e nero.

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Daje Jeremy

Con l’«inspiegabile» ele­zione di Jeremy Cor­byn a lea­der del par­tito labu­ri­sta si com­pie una spe­cie di ome­rico nostos (ritorno), quasi un riav­vol­gi­mento veloce di una pel­li­cola scritta e inter­pre­tata dalla gene­ra­zione poli­tica pre­ce­dente (che poi, ana­gra­fi­ca­mente, è la sua): il film degli anni Novanta, del Labour tre volte vin­ci­tore, dei brin­disi e pac­che sulle spalle coi ban­chieri bar­ra­cuda, delle pseudo-diatribe fra Blur e Oasis, nell’arte elet­triz­zante e ombe­li­co­cen­trica di Damien Hirst e Tracey Emin, dell’aromaterapia come sosti­tuto dell’analisi poli­tica, della cre­scente mar­gi­na­liz­za­zione del sin­da­cato e la dis­so­lu­zione del diritto del (e al) lavoro.

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60 (per) CENT

Tutto il potere a Jeremy Ber­nard Cor­byn: la base del par­tito ha par­lato quasi all’unisono, e ad alta voce. Con un’assordante mag­gio­ranza del 59,5 % delle pre­fe­renze ha eletto al primo turno un ses­san­ta­seienne che per 32 anni – dal 1983 – ha ser­vito dalle retro­vie della sini­stra socia­li­sta votando quasi rego­lar­mente con­tro la linea uffi­ciale. Il suo vice sarà Tom Watson, classe 1967, di Shef­field, un moder­niz­za­tore esperto in comu­ni­ca­zione digi­tale e impla­ca­bile nemico della stampa di Murdoch.

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Jeremy Corbyn: quando il “nuovo” retrocede, il “vecchio” avanza

Si è con­clusa gio­vedì alle dodici la vota­zione per le pri­ma­rie del Labour Party, in una cam­pa­gna che verrà ricor­data tra le più dram­ma­ti­che e sen­tite della sto­ria recente del par­tito. Il risul­tato sarà reso noto sabato mattina.

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