Eccolo il new deal, tutto in minuscole. Boris Johnson aveva il sorriso del mariuolo perdonato mentre annunciava, al fianco di Jean-Claude Juncker, ieri pomeriggio a Bruxelles, il raggiungimento del sospirato accordo Brexit sul filo di lana dell’ennesima proroga.
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Tory wasteland
«Get Brexit done» realizzare Brexit: l’ardimentoso slogan campeggia dietro le spalle di Boris Johnson nel giorno del suo discorso alla platea adorante del congresso Tory a Manchester, la prima da leader del partito e del Paese. Nel quale ha squadernato alfine l’ultima offerta a Bruxelles per evitare l’uscita senza accordo il 31 ottobre: un tentativo di superare l’ostilità diffusa al famigerato backstop, anticipato dal “suo” giornale, il Daily Telegraph, e poi contenuta in una lettera inviata al presidente della commissione europea Jean-Claude Juncker.
Conversazione fra non udenti
«È responsabilità della Gran Bretagna avanzare delle soluzioni operative legali che siano compatibili con l’accordo di uscita.» Lo ha detto la portavoce di Jean-Claude Juncker dopo i colloqui avuti ieri con Boris Johnson in Lussemburgo.
La Brexiteide, poema poco epico.
Nella Brexiteide (poema prosaico, narra le gesta di una nazione che lascia un continente senza avere la minima idea di come si faccia pur di dirigersi lesta verso una destinazione ancora ignota) i momenti cruciali sono ormai routine.
L’accordo del May
L’accordo di uscita dall’Ue di Theresa May è stato di nuovo sconfitto, per 242 a 391, 149 voti contro. Sconfitta non schiacciante come la precedente, nondimeno più che netta. Vuol dire che oggi si vota se lasciare l’Ue senza un accordo o meno. E che giovedì si voterà su una proroga di tre mesi dell’uscita fissata il 29 marzo. Di più non è dato sapere.
Keep chaos and carry on
Keep chaos and carry on. Così si chiama la pratica di training autogeno che Theresa May brevetterà dopo aver lasciato la politica.
Giro dell’isolata
Da inquilino modello, la Gran Bretagna ha dato puntuale la disdetta del contratto d’affitto.
La spedizione dei Miller
Theresa May ha ricevuto il suo primo ceffone politico da quando si è insediata al numero dieci di Downing Street. Gliel’ha vibrato Lord Thomas of Cwmgiedd, giudice della High Court, che ha deciso che soltanto il parlamento potrà attivare l’articolo 50 del trattato di Lisbona, la via d’uscita legale del paese dall’Ue che a sua volta metterà in moto la famigerata Brexit.
Exit stage left

Non tutta la sinistra laburista è per turarsi il naso e votare Remain. Ci sono comitati che hanno abbracciato l’idea di uscire dall’Europa che si rifanno alla tradizione più classica di euroscetticismo socialista dei Michael Foot, dei Tony Benn e del sindacalista ferrotranviario della Rmt Bob Crow scomparso prematuramente qualche anno fa. Oltre a Left Leave, il comitato nato su iniziativa del Socialist Workers Party di Alex Callinicos, c’è la campagna di Trade Unionists against the Eu (TuaEu). Abbiamo chiesto al suo direttore, Enrico Tortolano – nonno paterno di Sorrento -, un argomento persuasivo a favore di un’uscita dall’Ue da sinistra.
La botte piena e il marito ubriaco
Avere una costituzione non scritta è assai ecologista, permette un prezioso ed encomiabile risparmio di carta. Ma provoca anche effetti imprevisti e indesiderabili, come lo scontro di qualche giorno fa tra Jeremy Corbyn — che nonostante sia stato fasciato in frac istituzionali e forzato a indossare papaveri di plastica (i beneficenti «poppies» in solidarietà ai caduti di tutte le guerre) sul bavero della giacca, si ostina a mantenere le sue intollerabili posizioni antinucleariste — e il capo di stato maggiore dell’esercito Nicholas Houghton.