L’ipocrisia della politica identitaria: sionismo e semitismo nel partito laburista

Jeremy Corbyn in campagna elettorale a Swansea, nel sud del Galles

Sono almeno tre anni che la questione va avanti. Precisamente da poco dopo che Jeremy Corbyn prendesse inaspettatamente le redini del partito in mezzo allo sbigottimento generale, iniziando una rivoluzione copernicana della prassi e della teoria ideologiche del Labour tanto radicali da essere percepite ai confini della trasformazione antropologica. La presenza – innegabile, manipolabile, tossica – di antisemitismo nel partito laburista.

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Tory wasteland

Boris Johnson sul palco di Manchester

«Get Brexit done» realizzare Brexit: l’ardimentoso slogan campeggia dietro le spalle di Boris Johnson nel giorno del suo discorso alla platea adorante del congresso Tory a Manchester, la prima da leader del partito e del Paese. Nel quale ha squadernato alfine l’ultima offerta a Bruxelles per evitare l’uscita senza accordo il 31 ottobre: un tentativo di superare l’ostilità diffusa al famigerato backstop, anticipato dal “suo” giornale, il Daily Telegraph, e poi contenuta in una lettera inviata al presidente della commissione europea Jean-Claude Juncker.

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I Protocolli dei Savi di Jeremy

È ufficiale: il partito laburista di Jeremy Corbyn sarebbe ormai talmente antisemita da far invidia agli Ustascia di Ante Pavelic. Con la pubblicazione – a pagamento – sul Guardian di una lettera di una sessantina di deputati laburisti (circa un terzo del gruppo parlamentare) che accusano Jeremy Corbyn apertamente di antisemitismo.

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E quarantadue

«Sono innocente, lo giuro sulla vita dei miei figli» afferma Gavin Williamson, il ministro dimissionario numero quarantadue del governo di Theresa May dopo il secco benservito ricevuto dalla premier per l’affaire Huawei. Continua a leggere “E quarantadue”

Death to traitors

Si chiama Thomas Mair, ma da oggi vuole che il mondo lo conosca come «Death to traitors, freedom for Britain» («il mio nome è: morte ai traditori, libertà per la Gran Bretagna», ha detto testualmente). È questo lo slogan con cui l’uomo accusato dell’omicidio della deputata laburista Jo Cox giovedì scorso a Birstall, nei pressi di Leeds, West Yorkshire, ha risposto ai giudici della corte di Westminster, il più importante tribunale della capitale, dove è stato scortato ieri mattina dopo l’arresto e alla presenza di una dozzina di reporter.

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È finita la carta

«Il Daily Mirror è letto da quelli che credono di governare il paese, il Guardian da quelli che pensano dovrebbero governarlo, il Times da quelli che — in effetti — lo governano; mentre il Daily Mail è letto dalle mogli di quelli che governano il paese, il Financial Times da quelli che lo possiedono, il Morning Star (quotidiano comunista, tuttora in auge, ndr) da quelli che pensano che debba essere governato da un altro paese, mentre il Daily Telegraph da quelli che pensano già lo sia. (Ai lettori) del Sun, non interessa chi governa il paese: basta che abbia delle grosse tette».

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