La luce in fondo al tunnel era un altro treno

The horror, the horror… l’incubo di queste quarte elezioni in cinque anni sta prendendo forma. Gli exit poll di Bbc, Itv e Sky, le dichiarazioni di voto di oltre ventimila elettori colti all’uscita dalle urne e diffusi ieri alle ventitré, ora italiana, danno un risultato da sala di rianimazione per Jeremy Corbyn.

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Ore diurne

Oggi seggi aperti dalle sette del mattino, lo rimarranno fino alle ventidue. Si vota per decidere il governo dei prossimi cinque anni, che dovrebbe decidere se completare la British Exit a targa Tory. Si sfidano le intemperie invernali per la prima volta da novantasette anni, di solito si preferisce votare in primavera. Ma è l’inverno della democrazia, in Gran Bretagna come quasi ovunque.

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Quando i tacchini votano per il Natale

“Turkeys voting for Christmas” è un detto possibile solo in un paese che scambia le carni insipide di questo grosso volatile per una leccornia, ma che bene descrive l’esito – prevedibile, eh –  di queste elezioni.

Se ne è parlato con i comrades di ROR.

Urne d’inverno

Boris Johnson in campagna elettorale

Poche manciate di ore separano dalle politiche, si vota giovedì. Saranno le prime elezioni invernali da un bel pezzo con soli tre precedenti finora, il 1919, il 1918 e il 1923. Sono passate quasi sei settimane esatte dall’ultimo tappo parlamentare che ha imbottigliato il negoziato Brexit del premier Boris Johnson e il conseguente scioglimento – meglio definirla liquefazione – del parlamento, lo scorso 6 novembre. Ma l’insensatezza con cui ormai da anni si susseguono scadenze definite “storiche” ha messo la sordina alle fanfare per consegnare il paese a un eterno presente in cui si corre sul posto verso l’ologramma Brexit. Fin quando non ci si sbatterà violentemente contro per saggiarne, alfine, l’inaspettata durezza.

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As seen on TV

L’ultimo confronto tv tra Jeremy Corbyn e Boris Johnson

Si è tenuto venerdì sera l’ultimo confronto televisivo Bbc fra Labour e Tories, con i leader, Jeremy Corbyn e Boris Johnson, a confrontare e perorare i rispettivi programmi per il futuro del paese. Manca ormai meno di una settimana alle elezioni più importanti, quelle che Johnson vuole giocare solo ed esclusivamente su Brexit – il Get Brexit Done ripetuto ai limiti dell’esasperazione – e che invece Corbyn devia sulla paurosa disuguaglianza del paese e sui guasti sociali di dieci anni di governo conservatore. Esito pari e patta, entrambi hanno predicato ai convertiti, come si dice da queste parti. Se è difficile che abbiano fatto cambiare idea agli indecisi è per via dell’unicità di questa tornata elettorale: non si vedevano due programmi politici così divergenti dal 1945, o forse non si sono mai visti. I sondaggi? Danno in testa i Tories ovviamente, a dieci punti di vantaggio: 43% a 33%. Ma era così anche nel 2017, ai tempi di Theresa «Strong and Stable» May.

(il manifesto, 08/12/19)

L’ipocrisia della politica identitaria: sionismo e semitismo nel partito laburista

Jeremy Corbyn in campagna elettorale a Swansea, nel sud del Galles

Sono almeno tre anni che la questione va avanti. Precisamente da poco dopo che Jeremy Corbyn prendesse inaspettatamente le redini del partito in mezzo allo sbigottimento generale, iniziando una rivoluzione copernicana della prassi e della teoria ideologiche del Labour tanto radicali da essere percepite ai confini della trasformazione antropologica. La presenza – innegabile, manipolabile, tossica – di antisemitismo nel partito laburista.

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Sull’antisemitismo del Labour di Corbyn

Anche se nessuno mi toglie dalla testa che Twitter sia una colossale centrifuga di cazzate 7,5 volte su dieci, in questo caso bisogna fare un’eccezione.

Thoroughly persuaded as I am that Twitter is a colossal bullshit propeller 7.5 times out of ten, an exception imposes itself here. 

 

Il Milite IgNATO

Jens Stoltenberg, segretario della Nato

Ieri sera il megalitico entourage paramilitare di Donald Trump e consorte atterrava a Stansted – aeroporto dell’Essex, hub di Ryanair – per poi raggiungere via elicottero la residenza dell’ambasciatore Usa a Regent’s Park. È una visita di tre giorni in un paese lacerato da Brexit a dieci giorni dalle elezioni. Il terzo avvento trumpiano nell’ex madrepatria ha lo scopo principale di celebrare l’anniversario della Nato, l’alleanza militare più vasta e potente della storia, di cui oggi fanno parte ventotto stati. Che compie 70 anni e li dimostra tutti, ma è pronta a proiettarsi in una nuova dimensione da militarizzare, lo spazio, e a chiedere più fondi nei bilanci della difesa dei Paesi Ue.

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Il Milite IgNATO II

Anche le posizioni nella foto di gruppo sembrano costituire un problema per i leader al vertice Nato

Uno per tutti, tutti per uno. Con quest’esausta citazione di Dumas Boris Johnson, padrone di casa del summit celebrativo dei 70 anni dell’alleanza atlantica, tenutosi prima a Londra e poi in un albergone per golfisti nel verde Hertfordshire, ha ribadito l’unità del consesso chiudendone i lavori.

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