Ieri il parlamento è stato alla fine sospeso (prorogued) fino al prossimo 14 ottobre, data del Queen’s Speech in cui la sovrana dovrebbe elencare i provvedimenti del governo Johnson. Il premier ha così attuato la controversa disposizione, che aveva fatto gridare al colpo di stato le opposizioni.
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The horror, the horror…
Gli amanti dell’horror apprezzeranno particolarmente il rimpasto di governo del neoinsediato primo ministro britannico Boris Johnson. Soprattutto quando si ha Halloween – il 31 ottobre prossimo – come data ultima per l’uscita senza accordo dall’Ue. Come anche quelli dell’arte circense: questa stessa data, leader e compagine da lui appena partorita senza doglia alcuna, fanno infatti pensare anche a Phineas Barnum, lo sfruttatore delle deformità altrui, che dava in pasto al pubblico nel suo circo facendoci sopra i soldi.
La resistibile ascesa di Boris Johnson II
Dopo la quinta votazione alle loro cosiddette primarie, i Tories hanno (quasi) finito di giocare ai seggi musicali. Il vincitore ultimo si siederà su quello di leader del partito e del paese. A contendere a Boris de Pfeffel Johnson (160 voti) le preferenze degli iscritti in una votazione il cui spoglio avverrà il prossimo 22 luglio, sarà l’attuale inquilino del Foreign Office Jeremy Hunt che, con 77 voti, ha superato di un sopracciglio il rivale Michael Gove, il ministro dell’Ambiente, fermatosi a 75.
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Non molla, ma barcolla
La porta del gabinetto è sempre aperta. Anzi, a Downing Street si pensa di installare i tornelli per permettere ai dimissionari e ai nuovi incaricati di avvicendarsi in modo più fluido. Fuori Raab e McVey, rispettivamente Brexit e Lavoro e pensioni, dentro l’ignoto Steve Barclay e Amber Rudd (a volte ritornano, aveva dato sacrosante dimissioni per la porcata della «Windrush generation»).
Criminal Polls
L’unico ostacolo formale alle elezioni anticipate al prossimo 8 giugno, dopo l’annuncio choc di Theresa May, è stato agilmente rimosso.
The Awakening
Non uno schiaffo, tutt’al più uno scappellotto: dopotutto, alla camera dei Lord, i Tories non hanno la maggioranza.
Accoglienza alla franglais
Prosegue in una calma relativa lo sgombero «elettorale» del campo profughi di Calais, voluto in extremis da François Hollande per puntellare la sua corsa alla rielezione all’Eliseo. Tirandosi dietro in questa corsa improvvisa una Londra che fa la propria parte in ritardo, poco e controvoglia, vista soprattutto la posizione assunta da Theresa May per non scontentare a nessun costo il blocco «anglonazionalistico» che ha determinato l’uscita del paese dall’Ue.
Fanno la carietà
Controlli dentali. Ma non per verificare la salute dei denti, quanto per accertare l’età, proprio come fanno i paleontologi o la polizia scientifica. Solo che qui non si tratta di resti di ominidi, ma dei bambini/minorenni della «giungla» di Calais diretti in Uk, alcuni dei quali hanno già cominciato ad arrivare via pullman. Accompagnati non certo dai genitori, ma da un nugolo d’incresciose polemiche. Continua a leggere “Fanno la carietà”
L’invenzione della nazione
Non c’è pace tra le solenni pareti del Foreign Office. Come se non bastassero le violente reazioni di Putin alle ultime russofobe esortazioni del titolare degli esteri Boris Johnson a protestare contro l’ambasciata russa a Londra per i bombardamenti in Siria e il governo che rischia una crisi parlamentare su questioni relative al Brexit, ieri il ministero degli esteri britannico ha dovuto perfino misurarsi con una piccata nota dell’ambasciatore italiano Pasquale Terracciano.
L’Amber Jovinelli
Con il proclama «ungherese» sfoderato martedì durante il congresso dei Tories appena concluso a Birmingham, la neoministra dell’interno Amber Rudd ha provocato un vespaio. Nel tentativo di apparire risoluta nell’accogliere lo scontento per i flussi migratori condensatosi nella Brexit, Rudd ha annunciato che le imprese nazionali saranno tenute a pubblicare liste con i nomi dei propri lavoratori stranieri nei propri libri paga.