Si è tenuto venerdì sera l’ultimo confronto televisivo Bbc fra Labour e Tories, con i leader, Jeremy Corbyn e Boris Johnson, a confrontare e perorare i rispettivi programmi per il futuro del paese. Manca ormai meno di una settimana alle elezioni più importanti, quelle che Johnson vuole giocare solo ed esclusivamente su Brexit – il Get Brexit Done ripetuto ai limiti dell’esasperazione – e che invece Corbyn devia sulla paurosa disuguaglianza del paese e sui guasti sociali di dieci anni di governo conservatore. Esito pari e patta, entrambi hanno predicato ai convertiti, come si dice da queste parti. Se è difficile che abbiano fatto cambiare idea agli indecisi è per via dell’unicità di questa tornata elettorale: non si vedevano due programmi politici così divergenti dal 1945, o forse non si sono mai visti. I sondaggi? Danno in testa i Tories ovviamente, a dieci punti di vantaggio: 43% a 33%. Ma era così anche nel 2017, ai tempi di Theresa «Strong and Stable» May.
Autore: leonardo clausi
L’ipocrisia della politica identitaria: sionismo e semitismo nel partito laburista
Sono almeno tre anni che la questione va avanti. Precisamente da poco dopo che Jeremy Corbyn prendesse inaspettatamente le redini del partito in mezzo allo sbigottimento generale, iniziando una rivoluzione copernicana della prassi e della teoria ideologiche del Labour tanto radicali da essere percepite ai confini della trasformazione antropologica. La presenza – innegabile, manipolabile, tossica – di antisemitismo nel partito laburista.
Sull’antisemitismo del Labour di Corbyn
Anche se nessuno mi toglie dalla testa che Twitter sia una colossale centrifuga di cazzate 7,5 volte su dieci, in questo caso bisogna fare un’eccezione.
Thoroughly persuaded as I am that Twitter is a colossal bullshit propeller 7.5 times out of ten, an exception imposes itself here.
Il Milite IgNATO
Ieri sera il megalitico entourage paramilitare di Donald Trump e consorte atterrava a Stansted – aeroporto dell’Essex, hub di Ryanair – per poi raggiungere via elicottero la residenza dell’ambasciatore Usa a Regent’s Park. È una visita di tre giorni in un paese lacerato da Brexit a dieci giorni dalle elezioni. Il terzo avvento trumpiano nell’ex madrepatria ha lo scopo principale di celebrare l’anniversario della Nato, l’alleanza militare più vasta e potente della storia, di cui oggi fanno parte ventotto stati. Che compie 70 anni e li dimostra tutti, ma è pronta a proiettarsi in una nuova dimensione da militarizzare, lo spazio, e a chiedere più fondi nei bilanci della difesa dei Paesi Ue.
Il Milite IgNATO II
Uno per tutti, tutti per uno. Con quest’esausta citazione di Dumas Boris Johnson, padrone di casa del summit celebrativo dei 70 anni dell’alleanza atlantica, tenutosi prima a Londra e poi in un albergone per golfisti nel verde Hertfordshire, ha ribadito l’unità del consesso chiudendone i lavori.
Selfie all’Institut français du Royaume-Uni di Londra
È stato un piacere, oltre che un privilegio, parlare con Agostino Ferrente del suo film, uno sguardo finalmente anti-retorico su Napoli e le sue ombre. Grazie a lui, all’ormai leggendario Nicola Locatelli dell’Istituto di cultura italiana, e a Diane Gabrysiak e Clare O’Flaherty dell’Institut français du Royaume-Uni di Londra per l’invito.


Get Brexit Dumb
Il Regno Unito si trova a poche settimane dal quinto appuntamento elettorale in un decennio (senza contare i due delle europee) e due referendum, quello scozzese e quello, famigerato, sulla British Exit. Dopo mille tentativi, Boris Johnson non è riuscito a farsi approvare dal parlamento l’accordo che dovrebbe sancire l’uscita dall’Ue.