Thom Yorke e Robert del Naja appaiono a sorpresa ad un party di Occupy in una banca abbandonata ad Hackney. Dal loro dj set verrà tratto un disco scaricabile on line a un prezzo “a sottoscrizione” come si dice dalle nostre parti, gli incassi verrano devoluti ai vari movimenti di campeggiatori protestatari (oddio, ho usato una formula che avrebbe potuto essere del Giornale). Qui il video, l’etichetta si chiama Occupation Records.
Una buona occupazione deve trovare anche il modo di ballare, e questi studenti ballano come hanno ballato i loro genitori, zii e fratelli maggiori a Parigi, a Roma e a Berkeley, a New York, a Rimini e a Riccione, alla Sapienza nel ’68, ’77, ’91, alla Factory di Manchester come nell’Orbital della M 25. Ballano, dibattono, si esprimono dialetticamente, artisticamente. Il rifiuto delle etichette ideologiche sembra esserne il minimo comune denominatore, e questo è ancora un bene, ci dicono. Ma bisogna vedere se questa volta si riesce a resistere al riflusso che finora ha sempre messo tutto a sopire tirando loro l’osso della libera espressione sessuale, artistica, individuale. Poi la “vera” vita ha fatto il resto, lasciando in bocca il sapore della “gioventù ribelle”. Ma non deve mica sempre per forza finire così, no?
Quanto alle star, tutto regolare, c’era anche il producer degli Unkle, Tim Goldsworthy, mancava solo Damon Albarn. Che forse si farà vivo il 15, giorno di Occupy everywhere.
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