Aver appena rivisto Aguirre, furore di Dio per la prima volta al cinema. E avere ancora lo stomaco pieno di farfalle.
Lasciar sedimentare dentro di sé il fatto di aver appena rivisto Aguirre, furore di Dio per la prima volta al cinema e avere ancora lo stomaco pieno di farfalle.
Spiare l’immane visione di Herzog – il Cinearca – dopo aver lasciato sedimentare in se il fatto di aver appena rivisto Aguirre, furore di Dio per la prima volta al cinema, e avere ancora lo stomaco pieno di farfalle.
Come quella, meravigliosa, che si posa sulla spalla di uno degli attori, su quella zattera della follia piena di scimmie e di cadaveri in mezzo al Rio delle Amazzoni che sciaborda come un fiume infernale.
La macchina da presa, che si sofferma impassibile sull’impassibile immensità della natura, sulla doppia follia acquamarina degli occhi di Aguirre-Kinski, improbabile Sigfrido spagnolo dall’avidità e dall’ambizione incontenibili.
Herzog, che avrebbe indicato la via al Coppola di Apocalypse Now, insegnandogli che per lacerare il cuore e la coscienza – come per issare brigantini in cima alla foresta pluviale – non servono budget miliardari e che i film si scrivono mentre li si gira.
Herzog, la cui ambizione è pari a quella di Aguirre ed è vasta come l’Amazzonia, come l’avidità omicida degli spagnoli saccheggiatori e sterminatori, come la loro ignoranza del luogo che profanavano in nome dell’oro e di Dio (in quest’ordine).
Klaus Kinski, attore-soldato emerso come un incubo dalle rovine di Berlino distrutta dai sovietici, padre incestuoso come lo zoppo Aguirre, nemico degli animali e dell’uomo, magnetismo della cattiveria.
Aguirre, furore di Dio. Comincia e sei già a bocca aperta, con quel lento gocciolio di uomini dalla montagna verde giù nel ventre della foresta pluviale, mentre una musica di stupefacente solennità già ti avverte che non è che un’arrogante discesa nell’abisso.
Finisce che sei in fibrillazione, con la macchina da presa che rotea spietata attorno alla zattera piena di scimmie e di cadaveri, l’unico superstite curvo, che farnetica scivolando verso la morte.
Tragedia, farsa, poesia, incubo, vertigine, follia.