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apple-vs-samsung-640x375Dopo il col­lo­quio di pram­ma­tica a Buc­kin­gham Palace con la sovrana, nella prima con­fe­renza stampa a seguito della dis­so­lu­zione del par­la­mento di lunedì — for­mula, que­sta, che non indica uno degli obiet­tivi dell’anarchismo né certi pas­saggi del Marx più erme­tico, bensì l’ingresso uffi­ciale delle isti­tu­zioni bri­tan­ni­che nella cam­pa­gna elet­to­rale — David Came­ron ha per l’ennesima volta cer­cato senza suc­cesso di resu­sci­tare una certa reto­rica chur­chil­liana, la solita su cui i Tories cam­pano di ren­dita dal 1945. Davanti alla fitta siepe di tele­ca­mere di stanza a Dow­ning Street, il primo mini­stro uscente ha dipinto un qua­dro da tre­genda qua­lora Ed Mili­band pren­desse le redini di un paese issato in extre­mis dall’orlo del bara­tro eco­no­mico, dove la disoc­cu­pa­zione è in calo (gra­zie ai con­tratti a zero ore), il defi­cit è ridotto (gra­zie al mas­sa­cro di set­tore pub­blico e wel­fare, che qua­lora i con­ser­va­tori vin­ces­sero un altro man­dato si vedrebbe decur­tare altri 20 miliardi di ster­line) e la repu­ta­zione inter­na­zio­nale in qua­lità di pala­dino del sedi­cente «mondo libero» alle stelle (gra­zie ai vari riso­lu­tivi inter­venti mili­tari in Iraq, Afgha­ni­stan e l’ultimo in Libia con­tro l’ex bestia nera Gheddafi). Qua­lora invece a var­care la fati­dica soglia del numero 10 fosse Ed Mili­band, ha lasciato inten­dere Came­ron, sarebbe chiaro il futuro che attende la Gran Bre­ta­gna: elle­niz­za­zione pres­so­ché istan­ta­nea dell’economia, cre­scita geo­me­trica del debito e declas­sa­mento a poco più del rango di stato-canaglia in poli­tica estera. Tanto splat­ter non sem­bra però riu­scito a scuo­tere i sospi­ra­tis­simi visceri del Paese, almeno a quanto risulta dall’esito dell’ultimo ine­so­ra­bile son­dag­gio degli infi­niti che ancora ci atten­dono. Buon com­pen­dio ne è il «son­dag­gio dei son­daggi» della Bbc, che vede i con­ser­va­tori chiusi nello scia­gu­rato ascen­sore del 34% assieme ai rivali labu­ri­sti: testa a testa, per usare una meta­fora una volta tanto non calcistica. Seguono i «nazio­nal­se­pa­ra­ti­sti» dell’Ukip di Farage al 13%, i Lib-Dem — che si pre­pa­rano alla piroetta dal potere gover­na­tivo all’annientamento elet­to­rale — all’8% e la buona sor­presa dei Verdi al 5%. Per­ché, al di là delle ana­lisi più sot­tili e delle pro­ie­zioni più vero­si­mili, l’unico fatto certo di que­sta tor­nata elet­to­rale è l’incertezza dell’esito. E se già le pre­ce­denti poli­ti­che del 2010 si erano con­cluse con il temi­bile pro­fi­larsi della fine della 2 party poli­tics nella terra beata del bipar­ti­ti­smo uni­no­mi­nale secco, oggi il tea­tro poli­tico bri­tan­nico con­tem­po­ra­neo ripro­duce la dif­fusa insof­fe­renza nei con­fronti dei par­titi tra­di­zio­nali. Un’insofferenza che dà agli scoz­zesi sepa­ra­ti­sti dell’Snp la forza di attrarre i labu­ri­sti in una coa­li­zione e che fa lo stesso con Farage e i conservatori. Anche per que­sto un simile affondo ai limiti del panico da parte di un Primo Mini­stro — che dovrebbe sen­tirsi in una botte di ferro per la pre­sunta pochezza dell’avversario — diventa sem­pre più leg­gi­bile. Il redi­vivo Mili­band infatti, gra­zie alla per­for­mance tele­vi­siva davanti al tri­bu­nale dell’inquisizione demo­cra­tica di Jeremy Pax­man della scorsa set­ti­mana, sì è fie­ra­mente scrol­lato di dosso gli anni di sfottò media­tico inflit­ti­gli dai media main­stream. Rea­gendo al sar­ca­smo di Pax­man, Ed «the red» — com’è (inspie­ga­bil­mente) sopran­no­mi­nato — ha dimo­strato che lui, figlio di immi­grati ebrei mar­xi­sti cen­troeu­ro­pei e in quanto tale ber­sa­gliato come nemico della Gran Bret­gna dal Daily Mail, ha la cara­tura del primo mini­stro, eccome. Almeno fino al pros­simo con­fronto televisivo. (il manifesto, 01-04-15)

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Autore: leonardo clausi

Si tratta di prendere Troia, o di difenderla.

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