Salubre è la diffidenza nei confronti degli sguardi languorosi e ripiegati sul passato. Perché è inevitabile che la componente psicologica influisca pesantemente sul giudizio: quello che è, appunto, passato è meglio semplicemente perché non ci sarà dato viverlo mai più.
Ma non è poi sempre così semplice. L’abissale differenza qualitativa tra passato e presente del panorama politico culturale, non solo italiano per carità, ormai va di pari passo allo spaventoso e irrecuperabile depauperamento del paesaggio.
È un po’ come paragonare l’immagine di un panorama umbro di trenta, quarant’anni fa con un’istantanea di oggi. Alle meravigliose e ondulate distese verde scuro punteggiate dal rossore di archi acuti e pietre medievali fa riscontro una campagna antropizzata male, di fretta e ACDC, dove alla severità della vita rurale corrisponde l’affluenza rateizzabile di un postmoderno che, bulimico, inghiotte e distrugge natura senza distruggere la povertà.
Mi viene in mente questo dopo aver letto questo splendido amarcord di Luciana Castellina sul manifesto, che induce sospiri sofferti. Per non aver vissuto quell’epoca, il livello del dibattito, la statura dei protagonisti. Sartre, de Beauvoir, Gramsci, Vittorini, Togliatti discussi da Rossana Rossanda, Lucio Magri, Antonio (non Lino) Banfi, Cesare Luporini, Lucio Lombardo Radice, Lucio Colletti, Galvano Della Volpe, Renato Guttuso. Non c’era il monopolio della verità naturalmente, ma gli strumenti per ricercarla erano impressionanti.
Ed è il livello etico, oltre che culturale, degli individui allora impegnati nella ricerca di un’alternativa a farti rimpiangere di essere nato non quando tutto questo iniziava la sua fine – nel mio caso il ’68 – ma quando finiva il suo inizio. Soprattutto guardando cos’è diventato il partito attorno al quale orbitavano tutte queste menti nello spazio di qualche decennio.
Spietatamente ritratto nell’immagine di due bambocci che videogiocano.
Uno volta il partito del popolo si isirava a DeAndre, Gaber e Pasolini, adesso si fa scrivere l’inno da Jovanotti!!!
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lasciamo stare il cherubini, per carità. sta a de andrè come baricco, appunto, a pasolini
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