
La special relationship è viva e vegeta, lo dimostrano le foto di Theresa May e Donald Trump vicino al busto di Churchill, restituito alla sua legittima postazione nello studio ovale dopo che Obama lo aveva “irrispettosamente” dirottato altrove.

La special relationship è viva e vegeta, lo dimostrano le foto di Theresa May e Donald Trump vicino al busto di Churchill, restituito alla sua legittima postazione nello studio ovale dopo che Obama lo aveva “irrispettosamente” dirottato altrove.

Aumenta la pressione sul governo conservatore guidato da Theresa May, e non solo in riferimento alla saga Brexit. L’elezione di Donald Trump rappresenta un’incognita che va ben oltre la delicata transizione del Regno Unito fuori dell’Ue, per la quale finora May, nonostante plurimi sforzi per dissimularlo, non sembra aver ancora un piano definito.
Theresa May ha ricevuto il suo primo ceffone politico da quando si è insediata al numero dieci di Downing Street. Gliel’ha vibrato Lord Thomas of Cwmgiedd, giudice della High Court, che ha deciso che soltanto il parlamento potrà attivare l’articolo 50 del trattato di Lisbona, la via d’uscita legale del paese dall’Ue che a sua volta metterà in moto la famigerata Brexit.

Se per i partiti «convenzionali» la questione Brexit è quantomeno spinosa, presso le più sanguigne fila dell’Ukip diventa un vero e proprio oggetto contundente.
Richard Seymour è un saggista politico, attivista e blogger nordirlandese trapiantato a Londra. Ha scritto, tra gli altri, due libri sul fenomeno Corbyn, entrambi pubblicati da Verso: Corbyn: The Strange Rebirth of Radical Politics e Corbyn: Against All Odds, quest’ultimo uscito immediatamente dopo il fallito tentativo da parte dei parlamentari laburisti di destituire il leader. Il suo blog si chiama Lenin’s Tomb.
Theresa May non ha avuto nemmeno il tempo di scegliere i colori delle tende, i trasportatori sono già arrivati. Col marito banchiere s’installerà stasera a 10 Downing Street dopo aver fatto visita alla regina per espletare la trafila del passaggio di consegne. Anzi, dello scettro, vista la sua nomina per acclamazione bypassando la volontà dei membri del partito. I quali, se costei non si fosse inaspettatamente ritirata, si sarebbero potuti incaponire ad eleggere la cripto-filo-Ukip Andrea Leadsom, col risultato di rinverdire la reputazione dei Tory come del “nasty party”, il partito maligno.
Dopo David Cameron e Boris Johnson è ora il momento Nigel Farage. Il leader dell’Ukip (e suo co-fondatore vent’anni fa, con Alan Sked) è l’ultimo leader referendario ad aver dato le dimissioni – annunciate a sorpresa ieri – lasciando il terzo partito senza un leader ufficiale in una politica britannica in pieno disturbo post-traumatico da stress. I più entusiasti propugnatori del referendum sull’uscita del paese dall’Ue mollano sul più bello.
La navigazione a vista continua. Mentre David Cameron è a Bruxelles per una serie d’incontri dove non riuscirà a guardare in faccia nessuno di quegli stessi interlocutori messi in croce quattro mesi prima per ottenere le famose, inutili negoziazioni sulla permanenza del paese nell’Ue, il neosindaco Sadiq Khan ha fatto la sua prima uscita pubblica dall’armageddon del 24 mattina.
A tre giorni dal più grande evento storico ed istituzionale europeo dal secondo dopoguerra, al pari della caduta del muro di Berlino, il paese si confronta con le conseguenze della decisione presa dai 17 milioni di elettori che hanno votato per l’uscita dalla Ue.