Qualche giorno fa è venuta in città una collega dell’Espresso che mancava da Londra da un bel periodo.
Ho proposto di incontrarci da Mangal 2, bettola curda sulla Stock Newington Road, a Dalston (Hackney), area inner city in preda all’endemica proliferazione di dickheads che interessa le zone a Est e ora a Sud (Peckham) della capitale e nella quale gli immigrati curdi si erano messi a difendere personalmente i propri negozi durante i riots dello scorso agosto (esemplare dimostrazione di guerra tra poveri).
Le avevo detto, mal formulando: “Ti porto al ristorante di Gilbert & George”. E lei ha – prevedibilmente – inteso che i due artisti inglesi (anche se Gilbert è altoatesino e parla con forte accento) avessero aperto un ristorante (attività peraltro complessa quanto il gestire le finanze di un Paese).
Avvicinandoci faticosamente all’ingresso del ristorante fendendo gli sciabordii molesti della Dalston pre-weekend, diviene immediatamente chiaro che Mangal 2 non era “il ristorante di Gilbert & George”, bensì il ristorante “al quale vanno Gilbert & George”. Sì, perché i due – trasferitisi negli anni Settanta nella non vicinissima Brick Lane, quando il posto era segnato da pogrom anti-asiatici per gentile concessione del BNP, allora molto forte nella zona – da sempre coprono, pare tutti i giorni, quasi cinque chilometri a piedi per mangiare da Mangal 2. Fa parte del loro apparato mitologico: l’essere un’istallazione vivente, il considerarsi una scultura, il vivere e lavorare assieme da quarant’anni, il vestire sempre abiti dello stesso taglio e colore ecc.
Detto ciò, non credevo certo che ce li saremmo ritrovati lì: due signori settantenni vestiti di un completo verde marcio dal taglio Savile Row, rosei anzichenò per il rosso bevuto, che spiccavano in modo assolutamente surreale in mezzo a un ristorante pieno di venticinquenni che fanno i grafici, i fotografi, gli artisti, molti dei quali probabilmente disoccupati.
Si lasciavano contemplare, mangiando lentamente e senza discutere troppo, esattamente come una coppia di terza età farebbe nel proprio tinello. Nessuno, che io abbia visto, è comunque andato a chiedergli alcunché: non appartengono, né loro né il contorno sociale, alla genìa di chi chiede o dà autografi.
Una piacevole sorpresa insomma, un attestato di autenticità, il loro; ma soprattutto, direi, di ragguardevole solidità epatica: mangiare Kebab per quarant’anni tutti i giorni sfascerebbe il fegato a un tirannosauro. Ecco dunque spiegata la funzione salvifica dei dieci km quotidiani.
Creare, camminare, mangiare (molto pesante), camminare, digerire, creare.
P.S. The food was good.