Exit stage left

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Bob Crow (al centro), con Tony Benn (a dx) nel 2007

Non tutta la sinistra laburista è per turarsi il naso e votare Remain. Ci sono comitati che hanno abbracciato l’idea di uscire dall’Europa che si rifanno alla tradizione più classica di euroscetticismo socialista dei Michael Foot, dei Tony Benn e del sindacalista ferrotranviario della Rmt Bob Crow scomparso prematuramente qualche anno fa. Oltre a Left Leave, il comitato nato su iniziativa del Socialist Workers Party di Alex Callinicos, c’è la campagna di Trade Unionists against the Eu (TuaEu). Abbiamo chiesto al suo direttore, Enrico Tortolano – nonno paterno di Sorrento -, un argomento persuasivo a favore di un’uscita dall’Ue da sinistra.

Non teme che un’uscita dall’Ue preluda a un dilagare di xenofobia e razzismo di matrice nazionalista?

Questo è un referendum sulla riappropriazione della democrazia. Per secoli il popolo Britannico ha avuto il diritto di eleggere i propri rappresentanti e di cambiarli se non andavano incontro alle proprie esigenze. Questa regola non si applica all’Ue, un’assemblea di non eletti. Jean-Claude Juncker ha avuto il suo ruolo come ricompensa per aver reso il Lussemburgo un paradiso fiscale per super-ricchi. L’Ue è un business club, ed è anche razzista. C’è una libertà di circolazione limitata alla popolazione bianca europea. Ci sono dei loschi accordi tra l’Ue, il governo greco e la Turchia sulle spalle dei migranti vittime di maltrattamenti, violenza e violazione dei diritti umani. Respingo la critica secondo cui chi vuole uscire da una simile organizzazione imperialistica sia razzista. Si tratta di difendere i diritti dei lavoratori mentre quello che l’Ue sta facendo è smantellare le modalità di negoziazione sindacale e annullare le conquiste di tutti i lavoratori europei. Al solito: l’1% si arricchisce, il 99% si deve litigare i resti.

Ma non si tratta di una specie di nazionalismo di sinistra, la miope difesa d’interessi corporativi?

Assolutamente no. Sia chiara una cosa. Se ci staccheremo dall’Ue il 23 giugno, potremo costruire una vera rete di solidarietà per i lavoratori di tutta Europa.

Pensa che i diritti dei lavoratori ottenuti qui in Uk siano meglio di quelli raggiunti nell’Ue?

Senz’altro. Non nego che ci siano due o tre leggi emanate dall’Ue che siano state salutate con favore dai lavoratori britannici, il problema è che sono poche. Ma altre, come l’Equal pay (l’equiparazione della retribuzione fra uomini e donne, del 1970 e ottenuto dalle lotte delle operaie della Ford di Dagenham, ndr) sono state ratificate dal parlamento britannico. Stessa cosa per i più recenti minimum e living wage (salario minimo, ndr). In Uk il diritto alle ferie pagate è passato alla Camera con un atto del 1938 poi ratificato nel Factory Act del 1948.

Voi ritenete che la riforma dell’Ue dall’interno propugnata dalla sinistra per il Remain sia impossibile. Perché?

Il trattato di Lisbona è l’unico al mondo che iscriva un’economia politica neoliberista e mercatista nella propria costituzione. L’Ue ha il growth and stability pack per regolare i deficit di bilancio: chi ne fa parte è costretto ad adattarsi. Per cambiarne qualunque articolo è necessario che tutti e 28 i paesi siano favorevoli allo stesso tempo e la recente tensione fra la Germania e la Grecia ne è un esempio evidente.

(il manifesto, 22/06/16)

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Autore: leonardo clausi

Si tratta di prendere Troia, o di difenderla.

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