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Colazione da Iceland
Ancora sullo spettacolo della società
62. La falsa scelta nel campo dell’abbondanza spettacolare, scelta che risiede nella giustapposizione di spettacoli concorrenziali e solidali, come nella sovrapposizione dei ruoli (principalmente significati e veicolati da oggetti), che sono contemporaneamente esclusivi e ramificati, si sviluppa in lotte di qualità fantomatiche, destinate ad appassionare l’adesione alla trivialità quantitativa. Così rinascono le false opposizioni arcaiche dei regionalismi o dei razzismi incaricati di trasfigurare in superiorità ontologica fantastica la volgarità delle posizioni gerarchiche nel consumo. Così si ricompone l’interminabile serie dei contrasti derisori, che mobilitano un interesse sottoludico, dallo sport alle elezioni. Laddove ha preso possesso il consumo abbondante, emerge un’opposizione spettacolare principale fra la gioventù e gli adulti; perché non esiste da nessuna parte l’adulto, padrone della propria vita, e la gioventù, la trasformazione di ciò che esiste, non è affatto appannaggio degli uomini che oggi sono giovani, ma del sistema economico, del dinamismo del capitalismo. Queste sono le cose che dominano e che son giovani: che sostituiscono se stesse.
Guy Debord, La società dello spettacolo, traduzione di Paolo Salvadori, Vallecchi, Firenze, 1979.
In altre parole: Dalla serie A a X Factor, dai dilemmi fra iOs e Android, Coca e Pepsi, Lady Gaga e Miley Cyrus (che, come ha detto stupendamente la mia amica Sara, dopo il martello avrebbe dovuto leccare anche la falce), fra il “giovane” Renzi e il “vecchio” Napolitano e così via all’infinito… Non siamo – questi – noi, oggi? Toltoci questo, cosa rimane? Il dolore del lavoro, del consumo, della morte?
L’ultima stazione
Oggi, a Firenze, una via crucis di lungo periodo si ferma ad una stazione che speriamo davvero sia il capolinea. Le miserande spoglie del massimo partito comunista occidentale del secondo dopoguerra si riuniscono nell’ennesimo esercizio di immedesimazione/trasformazione nel proprio nemico, avendo abbandonato ogni speranza di batterlo altrimenti.
Che questo partito fosse un povero sonnambulo già dagli anni Settanta è un altro discorso. Era pur sempre un interlocutore. Ma questa kermesse di liquidatori fallimentari intrappolati in un infinito parricidio?
Hanno avuto il migliore come ostetrica e il migliorista come becchino. Sono il nuovo che avanza (nell’altro senso, quello del rimasuglio).
Meno Renzi, più Lucie.
Still calling the shots
With the impending judgment of the high court dangling over his head, Berlusconi’s exit seems at last within reach. If that happens, it will be for the sake of the whole country, both on a national and an international level, and that’s pretty much out of the question. Continue reading “Still calling the shots”
Dance the Renzi away
Due link a un weekend di clubbing pesante. Nessuno qui è fan del clubbing pesante, ma quando a selezionare sono Rob Brown e Sean Booth, aka Autechre, Continue reading “Dance the Renzi away”