La mostra dedicata a Natalja Gončarova (1881-1962), dal 6 giugno all’8 settembre nelle Eyal Ofer Galleries della Tate Modern, è organizzata con la collaborazione di Palazzo Strozzi di Firenze e l’Ateneum art museum di Helsinki. Copre tutta la produzione dell’artista, dai lavori giovanili alle sue ripetute incursioni nel mondo della moda e nel design d’interni, compresa la preziosa collaborazione con i Ballets russes di Djagilev.
Per la prima volta nel Regno Unito, la Tate Modern di Londra dedica una vasta retrospettiva a un autentico peso massimo dell’avanguardia russa: Natalja Gončarova. Perfettamente a suo agio fra Malevič, Chagall, Tatlin, Kandinskij e Rodčenko nella straordinaria e mercuriale scena moscovita d’inizio Novecento, Gončarova era un’autentica star. Pochi artisti possono vantare un’influenza sulla propria epoca e su quelle successive altrettanto pervasiva come l’artista russa, la cui opera attraversa i movimenti che rifondavano l’arte europea del periodo (soprattutto i francesi del Cubismo e Fauvismo, il gruppo del Cavaliere Azzurro, di cui fu fondatrice, e gli italiani del Futurismo) intrecciandola con la tradizione nazionale, in particolare l’arte religiosa e popolare delle icone e del lubok (vignetta russa tradizionale a soggetto popolare). Senza naturalmente omettere di épater le bourgeois.
Oggi “tuttologo” è un aggettivo dalla connotazione marcatamente negativa, ma negli anni Dieci Goncˇarova se ne fregiava con orgoglio. Lei stessa, assieme al marito, l’artista Michail Larionov (1881-1964), fu pioniera e teorizzatrice del cosiddetto “tuttismo”, goffa traduzione italiana del russo vsechestvo, un approccio alla creazione che non conosceva limiti tecnico-formali abbracciando pittura, acquaforte, design teatrale, moda, cinema, illustrazioni di libri e performance. Lei e Larionov, costantemente coinvolti nella creazione e dissoluzione di scuole e gruppi, diedero vita anche al Raggismo, stile in bilico fra il Futurismo italiano e quello russo, dopo aver ascoltato il roboante Filippo Tommaso Marinetti.
Poco più che trentenne, Gončarova già dimostrava un senso dell’autopromozione e dello scandalo (alcune sue tele furono sequestrate a San Pietroburgo per blasfemia e offesa al pudore) assolutamente precoci per il periodo. Ben presto divenne una figura di spicco dell’avanguardia artistica di Mosca, tanto da guadagnarsi una personale rimasta leggendaria nel 1913, la prima (e la più vasta, circa 800 opere) mostra monografica dedicata a un singolo artista contemporaneo in Russia. E oggi si conferma una delle artiste donne del Novecento più quotate: Christie’s ha battuto una sua tela, Les fleurs (1912), a quasi 11 milioni di dollari nel 2008, guadagnandole la quinta posizione dietro a nomi come Georgia O’Keeffe e Louise Bourgeois. Non a caso, i suoi lavori figurano in modo prominente nella collezione d’arte della popstar Madonna.
Fondamentale nella sua carriera fu il rapporto con una figura-perno della scena artistica parigina ed europea come il connazionale Sergej Djagilev (1872-1929): prima partecipando a una seminale mostra di pittori russi da questi organizzata a Parigi e poi trasferendovisi nel 1914, sempre su invito dell’impresario russo. Era l’inizio di una formidabile partnership artistica culminata nelle scenografie dei leggendari Balletti russi, alcune delle quali saranno in mostra a Londra assieme a lavori giovanili come Contadini che raccolgono le mele del 1911, già nella raccolta della famiglia Morozov, proprie- tari di una delle maggiori collezioni di arte a cavallo tra 800 e 900. Sarebbe rimasta parigina fino alla morte, nel 1962.
(Arte, Giugno 2019)