La spedizione dei Miller

Theresa May ha ricevuto il suo primo ceffone politico da quando si è insediata al numero dieci di Downing Street. Gliel’ha vibrato Lord Thomas of Cwmgiedd, giudice della High Court, che ha deciso che soltanto il parlamento potrà attivare l’articolo 50 del trattato di Lisbona, la via d’uscita legale del paese dall’Ue che a sua volta metterà in moto la famigerata Brexit.

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Accoglienza alla franglais

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Prosegue in una calma relativa lo sgombero «elettorale» del campo profughi di Calais, voluto in extremis da François Hollande per puntellare la sua corsa alla rielezione all’Eliseo. Tirandosi dietro in questa corsa improvvisa una Londra che fa la propria parte in ritardo, poco e controvoglia, vista soprattutto la posizione assunta da Theresa May per non scontentare a nessun costo il blocco «anglonazionalistico» che ha determinato l’uscita del paese dall’Ue.

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Uscita d’insicurezza

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L’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea è un processo lento e doloroso che rischia di porre fine alla secolare unione di Inghilterra, Galles, Scozia e Irlanda del Nord. È il monito emerso dal Joint Ministerial Committee, l’incontro di lunedì fra il governo di Theresa May e il resto dei primi ministri dell’Unione a capo delle nazioni «devolute»: il premier scozzese Nicola Sturgeon, il primo ministro gallese Carwin Jones e la leader nordirlandese e il suo vice, rispettivamente Arlene Foster e Martin McGuinness.

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L’invenzione della nazione

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Non c’è pace tra le solenni pareti del Foreign Office. Come se non bastassero le violente reazioni di Putin alle ultime russofobe esortazioni del titolare degli esteri Boris Johnson a protestare contro l’ambasciata russa a Londra per i bombardamenti in Siria e il governo che rischia una crisi parlamentare su questioni relative al Brexit, ieri il ministero degli esteri britannico ha dovuto perfino misurarsi con una piccata nota dell’ambasciatore italiano Pasquale Terracciano.

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Teresa Mai

Theresa May ha chiuso il congresso annuale del suo partito a Birmingham con un messaggio in perfetto stile dadaista, dicendo che i Tories sono il partito dei lavoratori.

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L’Amber Jovinelli

Con il proclama «ungherese» sfoderato martedì durante il congresso dei Tories appena concluso a Birmingham, la neoministra dell’interno Amber Rudd ha provocato un vespaio. Nel tentativo di apparire risoluta nell’accogliere lo scontento per i flussi migratori condensatosi nella Brexit, Rudd ha annunciato che le imprese nazionali saranno tenute a pubblicare liste con i nomi dei propri lavoratori stranieri nei propri libri paga.

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Volere è trovare

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FR-EE City di Fernando Romero

L’Inghilterra – e in epoca di Brexit il consueto lapsus del chiamare così la Gran Bretagna quasi non è più tale – è sempre stata terra d’utopie, gli inesistenti luoghi idealizzati capaci di trascendere le miserie umane. Almeno fin dai tempi di Thomas More, che giusto cinquecento anni fa scrisse il suo fondamentale Utopia. Continue reading “Volere è trovare”