Da che parte stare

Jeremy Corbyn lancia la campagna elettorale del Labour

Alleluja. Si vota il 12 dicembre, giusto il quinto pellegrinaggio alle urne, fra elezioni e referendum, in cinque anni: sei settimane di campagna elettorale.

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Elezioni d’inverno

Jeremy Corbyn

Elezioni a dicembre: probabilmente il 12, giovedì, decretato da 430 voti a 20. Le opposizioni avrebbero preferito il 9 per dare al governo meno tempo prima dello scioglimento delle camere (per legge 25 giorni prima della data delle elezioni) così da ridurre i rischi che Boris Johnson cambi idea e provi di nuovo a rinfilare sotto la porta il suo deal di uscita, finora sconfitto. Non è ancora detto naturalmente, figuriamoci: se passa ai Comuni la convocazione alle urne poi deve essere discussa dai Lords entro la settimana. Ma la chance aumenta.

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Ancora un piccolo sforzo…

Boris Johnson

Elezioni sì, ma quando? Gli ultimi sviluppi vedono Johnson momentaneamente abbandonare il proprio accordo di uscita rinegoziato con Bruxelles appena giorni fa – facendo inferocire i Tories moderati – e spingere a tutto gas verso elezioni anticipate. E a dicembre: mese sciaguratissimo per appuntamenti simili, non a caso sarebbe la prima volta dal 1923.

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L’onere della proroga

Boris Johnson durante il question time ai Comuni

Si veleggia ormai, tragici e comici, verso una terza proroga. L’uscita «a tutti i costi» del paese dall’Ue l’ormai imminente trentuno ottobre, finora brandita da Boris Johnson come una clava, è evaporata. Johnson aveva sì provato finalmente la vertigine della prima vera e propria vittoria in aula martedì, quando il suo Brexit deal con Bruxelles passava per 329 a 299 (compresi i voti di vari deputati Labour disobbedienti alla linea). Ma solo per essere sconfitto subito dopo, quando la mozione che cercava di sbrigare in soli tre giorni la discussione in aula in modo da rispettare la scadenza Brexit del trentuno, perdeva 322 a 308.

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Speaker’s corner

«Ripetitiva e disordinata». Così John Bercow – lo speaker (presidente) dei Comuni – ha fiocinato ieri la richiesta di Boris Johnson di rimettere ai voti il suo accordo di uscita dall’Unione europea negoziato in extremis la settimana scorsa.

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Lo stinco di Letwin

La cianchetta che ha fatto capitombolare a un metro dal traguardo (il primo di altri mille da tagliare) l’infausto accordo May freneticamente ritargato Boris Johnson, appartiene a deputato indipendente ex conservatore, Oliver Letwin.

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Rock around the backstop

Eccolo il new deal, tutto in minuscole. Boris Johnson aveva il sorriso del mariuolo perdonato mentre annunciava, al fianco di Jean-Claude Juncker, ieri pomeriggio a Bruxelles, il raggiungimento del sospirato accordo Brexit sul filo di lana dell’ennesima proroga.

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The Queen’s Peach

Elisabetta II sul trono prima di pronunciare il Queen’s Speech all’apertura del parlamento a Londra

Ieri, a soli cinque giorni dallo scadere del prossimo termine, il diciannove ottobre, per strappare un accordo di uscita dall’Ue ed evitare così il no deal il trentuno – sempre di ottobre – a Westminster si sono riaperti i lavori con il Queen’s Speech, il rituale discorso nel quale la sovrana squaderna il programma legislativo del suo neo primo ministro e che apre la nuova sessione parlamentare.

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Capri strateghi

Boris Johnson e Angela Merkel

L’approssimarsi minaccioso del no deal il prossimo 31 ottobre ha inasprito i toni in questi ultimi scampoli di trattativa. Secondo una fonte di Downing Street, nella conversazione telefonica di ieri mattina con Johnson, Merkel avrebbe definito l’accordo «quasi del tutto improbabile», ma Berlino si è ben guardata dal confermare o smentire la voce.

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Tory wasteland

Boris Johnson sul palco di Manchester

«Get Brexit done» realizzare Brexit: l’ardimentoso slogan campeggia dietro le spalle di Boris Johnson nel giorno del suo discorso alla platea adorante del congresso Tory a Manchester, la prima da leader del partito e del Paese. Nel quale ha squadernato alfine l’ultima offerta a Bruxelles per evitare l’uscita senza accordo il 31 ottobre: un tentativo di superare l’ostilità diffusa al famigerato backstop, anticipato dal “suo” giornale, il Daily Telegraph, e poi contenuta in una lettera inviata al presidente della commissione europea Jean-Claude Juncker.

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