Tag: Ed Miliband
La barra a dritta
Che il compito di Jeremy Corbyn fosse impari, si sapeva. È come se avesse conquistato la leadership dello stesso partito al quale si era proposto come alternativa nella campagna per le primarie: ovvio che la triplice alleanza non scritta di tories, moderati neolaburisti e media mainstream gli avrebbe dato immenso filo da torcere.
Daje Jeremy
Con l’«inspiegabile» elezione di Jeremy Corbyn a leader del partito laburista si compie una specie di omerico nostos (ritorno), quasi un riavvolgimento veloce di una pellicola scritta e interpretata dalla generazione politica precedente (che poi, anagraficamente, è la sua): il film degli anni Novanta, del Labour tre volte vincitore, dei brindisi e pacche sulle spalle coi banchieri barracuda, delle pseudo-diatribe fra Blur e Oasis, nell’arte elettrizzante e ombelicocentrica di Damien Hirst e Tracey Emin, dell’aromaterapia come sostituto dell’analisi politica, della crescente marginalizzazione del sindacato e la dissoluzione del diritto del (e al) lavoro.
Jeremy Corbyn: quando il “nuovo” retrocede, il “vecchio” avanza
Si è conclusa giovedì alle dodici la votazione per le primarie del Labour Party, in una campagna che verrà ricordata tra le più drammatiche e sentite della storia recente del partito. Il risultato sarà reso noto sabato mattina.
Continue reading “Jeremy Corbyn: quando il “nuovo” retrocede, il “vecchio” avanza”
Il mite Jeremy
Nell’estate che potrebbe riportare il Labour Party britannico nell’alveo della propria storia dopo tanto galleggiare in un dopostoria indeterminato quanto certo della propria irrevocabilità, Jeremy Corbyn continua a parlare davanti a traboccanti platee la cui età anagrafica è, nient’affatto sorprendentemente, bassa.
Geremiade
Si chiama Jeremy proprio come Clarkson, la controversa celebrità televisiva, ma le similitudini per fortuna finiscono qui. Politicamente, somiglia assai di più a Ken Livingstone, l’ex sindaco di Londra e anche lui famosa spina del fianco del partito laburista: una mina vagante a sinistra con grosso seguito personale, e quindi imbarazzo per la maggioranza centrista.
“Voto anch io!” “No, tu no!”
«Londra val bene un referendum», avrà pensato David Cameron, mentre ne prometteva uno sull’Europa in chiave anti Ukip pur di vincere le elezioni. Ora che le ha vinte, gli tocca sorbirselo. Dopo l’indipendenza scozzese e i matrimoni gay in Irlanda, l’istituto referendario si ripresenta come capace di alterare gli storici equilibri giuridico-istituzionali delle isole britanniche: dall’assetto interno del Regno unito a quello di quest’ultimo nel contesto europeo. Continue reading ““Voto anch io!” “No, tu no!””
Cameron issa i ponti levatoi
L’immigrazione in Uk è in aumento più o meno costante da metà anni Novanta, e la tanto strombazzata crescitina dell’economia nazionale, costruita sulla flessibilizzazione selvaggia e sullo smantellamento del welfare, ha reso una volta di più il Paese quel che sotto molti aspetti è sempre stato: l’America di un’Europa oggi sovradimensionata e nelle tenaglie dell’austerity. Continue reading “Cameron issa i ponti levatoi”
Tories scatenati
Per la notte elettorale di giovedì ci vorrebbe un sismografo. Terremoto è la parola che meglio descrive l’esito di queste elezioni politiche, le più incerte da decenni a questa parte: in tanti hanno perso non la casa, ma il lavoro. Leader politici soprattutto: Ed Miliband, Nick Clegg, Nigel Farage. E anche i sondaggisti. Continue reading “Tories scatenati”