L’eresiarca

Mai come nel caso del neoe­letto lea­der del Labour Party, Jeremy Cor­byn, si era inver­tita la pira­mide gerar­chica all’interno di un par­tito di oppo­si­zione, con la base che ha spet­ta­co­lar­mente scip­pato il timone alla diri­genza. E le con­se­guenze sono dirom­penti, sia per le riper­cus­sioni negli equi­li­bri interni al par­tito e nella pro­pa­ganda dei con­ser­va­tori – il cui con­gresso, tenu­tosi a Man­che­ster, si è appena con­cluso — che per via dell’ormai ben nota ere­sia cor­by­niana su due car­dini dello sta­tus quo politico-istituzionale del paese: gli arma­menti nucleari e la monar­chia.

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Corbyn la gazzella

Nella savana di West­min­ster, ogni giorno Jeremy Cor­byn si sve­glia e comin­cia a cor­rere per affron­tare il suo «momento della verità» quo­ti­diano. Quello cioè in cui, da vero eroe, par­te­ci­pando a una delle infi­nite ceri­mo­nie uffi­ciali dov’è pre­vi­sta la pre­senza del lea­der dell’opposizione di sua Mae­stà, deve pie­garsi a una ritua­lità la cui abo­li­zione, riforma o supe­ra­mento erano tra le cause del suo ingresso in poli­tica. Tale è il para­dosso poli­tico della sto­ria pre­sente del Labour party.

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Daje Jeremy

Con l’«inspiegabile» ele­zione di Jeremy Cor­byn a lea­der del par­tito labu­ri­sta si com­pie una spe­cie di ome­rico nostos (ritorno), quasi un riav­vol­gi­mento veloce di una pel­li­cola scritta e inter­pre­tata dalla gene­ra­zione poli­tica pre­ce­dente (che poi, ana­gra­fi­ca­mente, è la sua): il film degli anni Novanta, del Labour tre volte vin­ci­tore, dei brin­disi e pac­che sulle spalle coi ban­chieri bar­ra­cuda, delle pseudo-diatribe fra Blur e Oasis, nell’arte elet­triz­zante e ombe­li­co­cen­trica di Damien Hirst e Tracey Emin, dell’aromaterapia come sosti­tuto dell’analisi poli­tica, della cre­scente mar­gi­na­liz­za­zione del sin­da­cato e la dis­so­lu­zione del diritto del (e al) lavoro.

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L’isolamento opaco

Som­merso da una marea di cri­ti­che per l’atteggiamento di chiu­sura totale nei con­fronti di chi, del tutto fuor di meta­fora, è som­merso dal Medi­ter­ra­neo, schiac­ciato sotto le ruote dell’Eurotunnel, o segre­gato in stile post­na­zi­sta nell’Europa orien­tale, David Came­ron si è final­mente lasciato magna­ni­ma­mente scap­pare che «qual­che migliaio» di migranti dal Medio Oriente saranno accolti dalla Gran Bre­ta­gna, lo stesso paese che per secoli giocò a ridi­se­gnarne i con­fini, alte­rarne gli equi­li­bri, sosti­tuirne i lea­der e bom­bar­darne il territorio.

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Un panda di nome Bbc

È la televisione pubblica più grande e migliore del mondo, riconoscibile dall’acronimo – Bbc – forse più noto dopo “Usa”. Il motto Inform, educate, entertain del suo fondatore Lord Reith, nel 1922, fa da eco novecentesca al Liberté, égalité, fraternité francese rivoluzionario: un modello all’epoca in cui la televisione pubblica informando formava, e di cui è inutile avere nostagia. Ma le notizie, i reportage esclusivi, i documentari esemplari ne fanno ancora il gold standard della teleprofessionalità, una bussola per tutti i giornalisti del globo. E tutto senza pubblicità.

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La Manica stretta

Migrants, lorry, Calais

La Manica non è più larga, figu­ria­moci per i migranti. La Gran Bre­ta­gna annun­cia nuove misure per scon­giu­rare gli arrivi ille­gali nel paese. Misure che non sor­pren­dono affatto da parte del governo tory in carica, e che erano immi­nenti, visti gli svi­luppi della dram­ma­tica situa­zione ormai da anni quo­ti­diana lungo la tratta Calais-Dover.

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Come togliere dando (atto unico, di George Osborne)

In una coin­ci­denza più che sim­bo­lica, men­tre il can­cel­liere George Osborne pre­sen­tava mer­co­ledì la prima finan­zia­ria a mono­po­lio Tories dal 1996 (e senza il fasti­dioso inco­modo dei Lib-dem in coa­li­zione) la capi­tale piom­bava nel caos, con milioni di pen­do­lari bloc­cati dal più grande scio­pero dei lavo­ra­tori della metro­po­li­tana degli ultimi quin­dici anni.

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Personae non gratae

I dilemmi prin­ci­pali della poli­tica bri­tan­nica di que­sto periodo ver­tono sull’uscita (pro­pria) dalla Ue e l’entrata (altrui) nel paese. La prima è un rischio pos­si­bile; la seconda una cala­mità sociale da evi­tare a ogni costo.

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