Che il compito di Jeremy Corbyn fosse impari, si sapeva. È come se avesse conquistato la leadership dello stesso partito al quale si era proposto come alternativa nella campagna per le primarie: ovvio che la triplice alleanza non scritta di tories, moderati neolaburisti e media mainstream gli avrebbe dato immenso filo da torcere.
Categoria: il manifesto
L’eresiarca
Mai come nel caso del neoeletto leader del Labour Party, Jeremy Corbyn, si era invertita la piramide gerarchica all’interno di un partito di opposizione, con la base che ha spettacolarmente scippato il timone alla dirigenza. E le conseguenze sono dirompenti, sia per le ripercussioni negli equilibri interni al partito e nella propaganda dei conservatori – il cui congresso, tenutosi a Manchester, si è appena concluso — che per via dell’ormai ben nota eresia corbyniana su due cardini dello status quo politico-istituzionale del paese: gli armamenti nucleari e la monarchia.
Ci scusiamo con i passeggeri
L’esasperazione delle circa tremila — una stima prudente — persone ammassate in condizioni d’inimmaginabile degrado nell’accampamento presso Calais ribattezzato «la jungla» periodicamente trabocca. Allo stillicidio di vittime schiacciate sotto le ruote ferrate o folgorate dall’alta tensione nel tentativo di abbordare i treni che trasportano veicoli e merci attraverso il tunnel sotto la Manica (la tredicesima e ultima vittima un ventenne eritreo, morto lo scorso mercoledì), ha fatto seguito un tentativo d’irruzione in massa nel terminal francese che ha bloccato entrambe le gallerie dalla mezzanotte alle otto del mattino di sabato.
L’antiretore
L’atteso discorso di Jeremy Corbyn alla platea del congresso nell’anno zero del partito è stato finalmente pronunciato. Atteso, e quanto: non solo per via della presenza ancora un po’ irreale su quel podio di una figura fino a ieri ignota ai più e ora al comando di una delle macchine-partito più vaste e complesse d’Europa; ma soprattutto perché doveva legittimare il ruolo del leader e mostrare la compattezza dietro di lui.
La scacchiera del cancelliere
Dipinto com’era — nel migliore dei casi come gelido Apparatchik esperto di doppiezza e nel peggiore come un bombarolo filo-insurrezionalista -, la scelta di Jeremy Corbyn di affidare il dicastero ombra delle finanze (Cancelliere dello Scacchiere) a uno come John McDonnell è stata unanimemente considerata dai commentatori come un segno di debolezza del segretario nei confronti del cieco demone radicale impossessatosi del Labour.