Voto secondo incoscienza

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Dopo un fine settimana di tese discussioni con in gioco l’unità del suo governo ombra e del partito parlamentare nel suo complesso, Jeremy Corbyn ha sciolto il suo dilemma: concederà un voto libero ai deputati laburisti sulla cruciale decisione se allargare i bombardamenti aerei britannici anti-Isis alla Siria.

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La Camera dei bombardieri

Dietro l’invasione angloamericana dell’Iraq, nel 2003, c’era il famigerato dossier farlocco sulle armi di distrazione di massa, armi di cui Saddam Hussein era perfettamente privo ma che Bush e Blair possedevano in quantità.

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George mani di forbice

Il cancelliere George Osborne, ministro delle finanze in carica e architetto principale dell’austerità, è anche un po’ primo ministro in pectore: una volta fattosi da parte David Cameron (ritiro già annunciato prima delle elezioni del 2020), né la filoxenofoba Theresa May agli interni, né il giullaresco sindaco di Londra Boris Johnson al momento paiono rivali davvero temibili, anche perché la crescita dell’economia del paese — calcolata dall’Office for budget responsibility (OBR) al 2.4% nel 2015 e 2016 — sostiene egregiamente il consenso del partito presso le classi medie del sud dell’Inghilterra, da sempre zoccolo duro dell’elettorato conservatore.

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Il Labour e le bombe

Se già settimane orsono la questione del rinnovo del sistema missilistico nucleare Trident sembrava anticipare la frattura fra Jeremy Corbyn, i suoi sostenitori e la componente parlamentare del partito laburista, l’incombere del voto alla camera sulla rappresaglia aerea in Siria e Iraq in risposta all’eccidio parigino deciso da David Cameron l’ha ora puntualmente allargata.

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Against austeritarianism

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Bri­tish stu­dents have descen­ded again on the streets to claim the right to study, under assault as never before from the Con­ser­va­tive govern­ment. The pro­test, orga­ni­zed ini­tially by mem­bers of the Natio­nal Cam­paign Against Fees and Cuts, even­tually won the bac­king of many other stu­dent orga­ni­za­tions in the wake of dra­co­nian cuts and unsu­stai­na­ble increa­ses in tui­tion fees dic­ta­ted by the Tories’ auste­rity agenda.

The rest on the newly-launched, impossibly glamorous global edition of Il manifesto

La barra a dritta

Che il com­pito di Jeremy Cor­byn fosse impari, si sapeva. È come se avesse con­qui­stato la lea­der­ship dello stesso par­tito al quale si era pro­po­sto come alter­na­tiva nella cam­pa­gna per le pri­ma­rie: ovvio che la tri­plice alleanza non scritta di tories, mode­rati neo­la­bu­ri­sti e media main­stream gli avrebbe dato immenso filo da torcere.

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L’eresiarca

Mai come nel caso del neoe­letto lea­der del Labour Party, Jeremy Cor­byn, si era inver­tita la pira­mide gerar­chica all’interno di un par­tito di oppo­si­zione, con la base che ha spet­ta­co­lar­mente scip­pato il timone alla diri­genza. E le con­se­guenze sono dirom­penti, sia per le riper­cus­sioni negli equi­li­bri interni al par­tito e nella pro­pa­ganda dei con­ser­va­tori – il cui con­gresso, tenu­tosi a Man­che­ster, si è appena con­cluso — che per via dell’ormai ben nota ere­sia cor­by­niana su due car­dini dello sta­tus quo politico-istituzionale del paese: gli arma­menti nucleari e la monar­chia.

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L’antiretore

L’atteso discorso di Jeremy Cor­byn alla pla­tea del con­gresso nell’anno zero del par­tito è stato final­mente pro­nun­ciato. Atteso, e quanto: non solo per via della pre­senza ancora un po’ irreale su quel podio di una figura fino a ieri ignota ai più e ora al comando di una delle macchine-partito più vaste e com­plesse d’Europa; ma soprat­tutto per­ché doveva legit­ti­mare il ruolo del lea­der e mostrare la com­pat­tezza die­tro di lui.

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La scacchiera del cancelliere

Dipinto com’era — nel migliore dei casi come gelido Appa­rat­chik esperto di dop­piezza e nel peg­giore come un bom­ba­rolo filo-insurrezionalista -, la scelta di Jeremy Cor­byn di affi­dare il dica­stero ombra delle finanze (Can­cel­liere dello Scac­chiere) a uno come John McDon­nell è stata una­ni­me­mente con­si­de­rata dai com­men­ta­tori come un segno di debo­lezza del segre­ta­rio nei con­fronti del cieco demone radi­cale impos­ses­sa­tosi del Labour.

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