È un ritorno a grande richiesta, e nella “sua” Royal Academy. Dal 2 luglio al 2 ottobre, presso l’illustre galleria di Piccadilly, a Londra, l’accademico reale David Hockney presenta i suoi ultimi, attesissimi, lavori. Continue reading “Ancora solo per i tuoi Hockney”
La distruzione permanente del patrimonio ambientale terrestre, prodotta da una mistura d’incontrollata crescita demografica, consumismo ultra-capitalistico, assalto alle risorse e ignorate istanze di sviluppo sostenibile, è un po’ come lo slogan turistico della città di New York: non dorme mai.
Il primo – struggente – singolo tratto da A moon shaped pool, l’ultimo dei Radiohead. Un album luminosamente lugubre, cameristico, venato di folk, che piano piano ti si insinua sotto la pelle. Che bel gruppo sono diventati, allontanandosi coraggiosi dalle logore convenzioni rock degli esordi. E Thom Yorke, capace di invecchiare con magnetismo, è ormai una magnifica Tilda Swinton della musica.
Sono evidentemente loro, i Radiohead, a tenere alta la bandiera di quel che resta del rock inglese, non certo quei noleggiatori di pere cotte – tiepide – dei Coldplay. Loving them.
Tra gli incarichi prestigiosi di Cecilia Alemani spicca la direzione di High Line Art, ex ferrovia urbana tramutata in verde pubblico disseminato di opere d’arte, uno dei luoghi di New York capaci di meglio suggellare l’interazione fra archeologia industriale e arte pubblica, e la curatela di Frieze Projects, la sezione di Frieze New York (in corso dal 5 all’8 maggio) dedicata a progetti d’arte appositamente commissionati. Continue reading “Frieze Projects: maneggiare con curatela”
Non è solo la politica ad aver avuto la sua “lady di ferro”: in architettura l’appellativo spetta altrettanto di diritto a Zaha Hadid, scomparsa in un ospedale di Miami all’età di 65 anni per attacco cardiaco. Non soltanto perché “Hadid”, in arabo, significa proprio ferro, o perché il suo lavoro sia stato spesso al centro di dibattiti, talvolta infuocati: ma perché lei era un po’ il contrario dei suoi edifici, così insofferenti alla staticità e intrappolati in un fermo immagine sempre sul punto di lasciarseli sfuggire.
Qualche notte fa ho avuto un’esperienza iperreale. Attraversavo l’Olympic Park di Stratford, colossale cattedrale nel deserto, costruita per le olimpiadi del 2012 e consegnato puntualmente al disuso più totale. Ero Solo. Migliaia di metri quadrati di strutture sportive perfettamente deserte ma illuminate in un caleidoscopio disneyano mi sussurravano la loro costosa inutilità. Poi sono passato davanti al London Acquatics Centre, lo stadio del nuoto di Zaha Hadid che, silenziosamente sdraiato su un fianco come una grande balena spiaggiata, era l’unico edificio a non sembrare un rendering. E ne ho ammirato le forme. Continue reading “Morte di un’archistar”
Due immense figure umane siedono sulle rive opposte di un corso d’acqua. Una è intenta ad ascoltare le onde sonore prodotte con quello che sembra un piccolo strumento dall’altra. Si intitola “Les rives”, è vasto 6400 metri quadrati, tanto da essere visibile dal satellite.
In mezzo alle mille esegesi sul testo di Blackstar, una cosa diventa chiara come un sole nero: Bowie stava congedandosi da questo primo spicchio di terzo millennio e ci stava lasciando il suo canto del cigno, anzi del duca. Forse ora sta nella stessa casa di riposo iperspaziale dove già alberga Lennon, col quale interpretò Fame, e dove senza dubbio andrà anche Dylan. E magari da lì guarda sgomento il mondo che ha contribuito a confondere. La sua dipartita coincide infatti con un momento di sfarinamento dell’occidente, in cui la rinuncia della postmodernità a voler prendere posizione sul mondo gli si ritorce contro con terribilità biblica. Tanto che inizialmente i riferimenti che si volevano trovare in Blackstar erano all’Isis e ai suoi massacri premoderni.
Pier Paolo Pasolini, whose notoriously controversial death happened 40years ago to the day, was the last truly great Italian intellectual of the XX century: greater than Calvino – who was maybe better than him as a novelist, but was not a poet, an essayist and most of all a film maker as PPP – and Leonardo Sciascia, whose musings on mafia-permeated Sicily were, despite their courage, more parochial.