Where Italy’s saviour is coming from

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Italy used to have a clown as a Prime minister. Now it has a sober, thoughtful, softly-spoken and respectable economist at its helm, the sort of guy you would definitely buy a second hand car from. Of course, behind the unassailable image, there is a most disquieting truth.

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Il piccolo rifiuto di Cameron

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Il no di Cameron all’Europa di Merkozy, oltre all’ennesima calata di brache di un leader di fronte all’autorità “dei mercati”, significa sancire la protezione degli interessi della City, che solo per un “accidente geopolitico” si trova a Londra. Non sono quindi interessi nazionali nei termini a cui ci hanno abituati le dinamiche storiche del XX Secolo. I mercati sono ovunque e la loro aggregazione è la City. Si potrebbe dire che è Londra che Cameron difende, una città definitivamente post-britannica.

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Massiveheadoccupyradioattack

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Thom Yorke e Robert del Naja appaiono a sorpresa ad un party di Occupy in una banca abbandonata ad Hackney. Dal loro dj set verrà tratto un disco scaricabile on line a un prezzo “a sottoscrizione” come si dice dalle nostre parti, gli incassi verrano devoluti ai vari movimenti di campeggiatori protestatari (oddio, ho usato una formula che avrebbe potuto essere del Giornale). Qui il video, l’etichetta si chiama Occupation Records.

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LouLou

Non ho ancora sentito il disco di Lou Reed e Metallica, ho paura di farlo e non perché “già so che non mi piacerà” bensì proprio perché temo che non mi piacerà. Li ho visti da Jools Holland un mesetto fa, una jam intensa un po’ maldestra, un sacco di energia che sembrava spesa più a sottolineare la partnership, il fatto di vedere sullo stesso palco due realtà culturali così diverse e così simili a un tempo, che la convinzione della qualità di ciò che stavano suonando. Voglio solo fare un discorso, diciamo premusicale, sul significato allargato che ha questa strana coppia.

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La rivolta degli schermi al plasma

La storia d’Europa è piena di rivolte e guerre popolari per generi di prima necessità. Nel medioevo ci si ribellava spesso per la soddisfazione di bisogni primari, come il sale e il pane; quest’estate a Londra ci si abbandonava alla soddisfazione dei bisogni primari odierni, arraffando scarpe da ginnastica e schermi al plasma. E mentre lo scorso agosto le città di mezza Inghilterra bruciavano del fuoco della guerriglia urbana per quattro giorni e quattro notti, David Cameron era in Toscana che assaporava la dolcezza rinascimentale del Chiantishire sulle orme di Harold Acton.

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Clarkson, i sindacati e la pena di morte

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Jeremy Clarkson è un imponente omone che ama le auto rombanti e odia gli alberi. Il suo orizzonte è fatto di cavalli (motore) e idrocarburi, è un apostolo dell’automobile. Il suo programma è uno dei più seguiti della televisione di questo paese, si chiama Top Gear e parla appunto di automobili. Clarkson è quello che qui si definirebbe un “controversial character” un personaggio controverso, una delle formule più diplomatiche che questa lingua diplomatica adotta ogni qualvolta deve definire qualcosa o qualcuno di amato e odiato ad un tempo.

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Thermopylae blues

Non preoccupatevi per 300: sarà pericoloso, ma fa soprattutto ridere.

Avrei volentieri steso il metaforico velo pietoso sulla questione se 300, il film che Leni Riefenstahl avrebbe diretto volentieri se avesse fatto un corso accelerato alla Microsoft, vada preso sul serio o meno. E, in tutta sincerità, per un momento l’ho fatto: prima di vedere il film, appena uscita la notizia che in Iran stava scatenando la prevedibile reazione non esattamente filosionista. In fondo se i film sono lo specchio della cultura contemporanea, non è forse Hollywood quello della cultura americana contemporanea? Perché trincerarsi dietro il simulacro della fantasia (“è un film fantastico, non va connesso alla realtà”)? Poi l’ho visto. Il primo pensiero è stato che fosse la versione losangelina del film di Guzzanti, Fascisti su Marte, solo con molto software in più e ironia in meno. Solo dopo ho capito che 300 è, in realtà, nonostante il cybergrand-guignol, un film completamente comico.

La cosa che scrissi su 300 quando uscì, nel 2007, nel blog che fu di Rockstar.

(for Gigio’s eyes only)

FASCISTI SU SPARTA

Avrei volentieri steso il metaforico velo pietoso sulla questione se 300, il film che Leni Riefenstahl avrebbe diretto volentieri se avesse fatto un corso accelerato alla Microsoft, vada preso sul serio o meno. E, in tutta sincerità, per un momento l’ho fatto: prima di vedere il film, appena uscita la notizia che in Iran stava scatenando la prevedibile reazione non esattamente filosionista. In fondo se i film sono lo specchio della cultura contemporanea, non è forse Hollywood quello della cultura americana contemporanea? Perché trincerarsi dietro il simulacro della fantasia (“è un film fantastico, non va connesso alla realtà”)? Poi l’ho visto. Il primo pensiero è stato che fosse la versione losangelina del film di Guzzanti, Fascisti su Marte, solo con molto software in più e ironia in meno. Solo dopo ho capito che 300 è, in realtà, nonostante il cybergrand-guignol, un film completamente comico.

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